DANNATO MALLOPPO!
Little
Pit.
Little Pit era un villaggio
misero, lo era da sempre. Misero, polveroso e malandato.
Era nato decadente come un
marmocchio che viene alla luce decrepito e il sole rovente non
aveva fatto altro che peggiorare le cose. L'unica ragione della sua
sussistenza era quel piccolo pozzo da cui poter attingere qualche
secchio d'acqua limacciosa per irrigare gli ortaggi rinsecchiti. Era
l'unico nel raggio di diverse miglia, ma ciò non lo rendeva
prezioso, se non per i malcapitati che si trovavano ad attraversare
quello squallido canyon fatto di clivi brulli e riarsi. Di certo, se
passavano di lì, non lo facevano per diletto, ma per ragioni oscure
e che, spesso, trascendevano la loro volontà. Per farla breve, o
fuggivano da qualcosa o erano stati sbattuti in quella landa di
crotali e scorpioni a morire di stenti.
Quindi, i visitatori erano
sporadici, stremati e moribondi, ma soprattutto senza un penny in
tasca: nulla che potesse favorire l’esistenza di una locanda. E
Little Pit di locande non ne aveva, o meglio non ne aveva più. In
realtà, un giorno, Joe Otthims era tornato con un carico di whiskey
e birra sulla cui provenienza era meglio non indagare. Insomma,
qualcosa da mettere dietro un bancone: così, aveva allestito uno
squallido saloon nella sua vecchia stalla. Come era prevedibile, gli
anni erano passati, ma i clienti no e il vecchio Joe, giorno dopo
giorno, aveva finito per scolarsi tutto lui, facendo la fine
dell'alcolizzato senza nulla da bere. Della locanda, era rimasta solo
l'insegna a penzolare per uno solo dei ganci arrugginiti. Dondolava
mestamente ad ogni alito di vento e il cigolio sinistro che produceva
era, di norma, l'unico rumore a riempire l'inquietante silenzio di
quel posto. Un posto fatto di edifici in rovina abitati da individui
consunti e lerci, nel corpo, ma soprattutto nell'anima. Il villaggio
era un'accozzaglia di evasi, ricercati e donne reiette: mogli
ripudiate o baldracche troppo sfiorite persino per i peggiori
bordelli, oppure, assai più spesso, entrambe le cose.
A dire il vero, non proprio tutti
i viandanti che avevano trovato ristoro nel pozzo erano giunti
completamente sguarniti. Tuttavia, lì, in quel luogo dimenticato dal
mondo e anche dalla legge, si era persa l'attitudine a usare la
sottile arma del commercio per spillare quattrini, ma non quella di
usare le armi da fuoco. Così, il primo che ci si trovava faceva
fuori il tizio e gli sottraeva gli averi. Poi, qualche dollaro da
spendere per ubriacarsi come si deve ci usciva pure: di fatto, quei
pochi clienti che Joe aveva avuto erano stati in prevalenza i suoi
stessi paesani.
Un giorno simile a tanti altri,
giunse un tipo a cavallo. Fatti salvi gli stivali e il cappello,
indossava cenci impolverati, però, alla sella era stato assicurato
un fagotto sospetto e agli abitanti di Little Pit piacevano i fagotti
sospetti: spesso e volentieri, nascondevano piacevoli sorprese.
Inoltre, l'uomo era ben armato e sembrava avere una gran fretta di
ripartire: ottimi segnali. Dall'atteggiamento, doveva essere un duro,
tuttavia non ebbe modo di dimostrarlo poiché, proprio mentre era
intento a tirar su il secchio, Hugg Badfinger gli infilò un bel
pallettone in testa. La finestrella della latrina aveva una splendida
visuale sul pozzo, tanto valeva usarla per puntare il fucile senza
essere visti. Badfinger non cagava mai senza Jagy, era così che
chiamava il suo fucile Jacob Hawken. Nulla di strano: d'altra parte,
c'erano imbrattacarte che, pare, non lo facessero senza un libro a
portata di mano. Hugg, però, non sapeva leggere. In compenso, sapeva
sparare.
Il colpo attirò l'attenzione
degli altri, ma la preda era sua e non aveva intenzione di dividere
il bottino con nessuno. Così, mandò il suo ragazzo a ripulire
l'ospite, mentre lui si assicurava che a nessuno venisse la
malaugurata idea di avvicinarsi troppo. In effetti, nessuno lo fece:
tutti a Little Pit sapevano che il dito indice della mano sinistra di
Hugg non si faceva problemi a premere il grilletto. Non se ne era
fatti neanche quando, per futili motivi, aveva sparato all'altro suo
figlio e alla moglie che cercava di difenderlo. Pace all'anima loro.
Non vi erano dubbi, di tutta la
feccia di Little Pit, quell'individuo era più marcio e di
conseguenza, il più temuto e rispettato.
Sgattaiolando come un furetto, lo
sbarbatello provvide a perquisire il cadavere requisendo le cose di
valore. Poi, afferrò le briglie e rientrò nella sua dimora
fatiscente portandosi dietro il cavallo: il tutto, con perizia
navigata. Nel frattempo, anche Hugg era uscito dalla latrina. Badando
più a tenere il fucile ben puntato che a risalirsi adeguatamente le
brache e con passo misurato e circospetto, aveva imboccato,
anch'egli, l'uscio di casa.
«Allora, marmocchio! Cosa
abbiamo rimediato?» La mole corpulenta dell'uomo incombeva sul
ragazzo che, invece, era di corporatura smilza e minuta: in ciò, era
tutto sua madre. Tuttavia, l'uomo non aveva dubbi sulla sua
paternità. Questo, non perché si fosse mai fidato di quella
sgualdrinella che aveva malauguratamente sposato: per quanto lo
riguardava, solo una bella calibro quarantaquattro nel cinturone era
degna di fiducia. Non aveva dubbi perché i capelli rossicci spessi e
arruffati, uniti alla carnagione lentigginosa e i denti laschi, li
accomunavano in maniera inequivocabile.
«Sì pa'. Ho qui un bel
cinturone di cuoio buono: nella fondina c'è una nuovissima Colt
Navy. Poi, ho trovato questo fermacarte d'oro con attaccati, più o
meno, un centinaio di dollari. In realtà anche gli stivali, il
cappello non erano male, ma nella fretta, non li ho presi. Vuoi che
vada a recuperarli?» Il ragazzo rispose evitando di incrociare il
suo sguardo. Non guardava mai nessuno negli occhi, usava scrutare il
mondo con minuziosa attenzione, ma sempre sottecchi. Era l'unico, in
tutto il villaggio, in grado scambiare più di quattro parole con
Hugg senza mandarlo su di giri: bastava ciò a certificare la sua
fine scaltrezza. Finn era il suo nome di battesimo, ma per tutti era
Donnola.
«No. Lascia che quei quattro
straccioni lì fuori si scannino per le cianfrusaglie. Così, almeno,
non ci romperanno le scatole per un po'. Sai, figliolo? Se vuoi
toglierti di torno un branco di cani, getta un osso e aspetta che si
sbranino tra loro.» Ovviamente, l'adolescente era già giunto a
quelle considerazioni da sé e, consapevolmente, aveva preferito non
ripulire del tutto il generoso ospite. Tuttavia, era bravissimo a far
credere al padre che fosse lui quello che gestiva le cose.
«Meno
male: temevo di aver sbagliato anche stavolta. Vediamo cosa c’è in
quel fagotto?»
«Calma,
ragazzo! Togli la sella dal cavallo e portalo nella stalla prima che
ci caghi sul parquet!» Con un ghigno ironico, l’uomo sputò sul
pavimento fatto, sì, di legno, ma tagliato in tavole grezze,
scheggiate, raffazzonate e lorde.
Il
giovane eseguì e condusse l’animale per una porta sul retro che
consentiva l’accesso alla rimessa, senza dover uscire di casa.
Quando tornò, trovò il padre che aveva aperto sul tavolo il panno
del fagotto per valutarne il contenuto. I suoi occhi erano lucidi,
commossi addirittura.
Tutti
dicevano che Badfinger non fosse in grado di amare: ebbene, si
sbagliavano. E di grosso! Ciò che Hugg provava per gli oggetti di
valore era qualcosa di struggente e totalizzante.
Si
trattava, senza dubbi, della refurtiva rimediata da una diligenza ed
era esattamente ciò che Badfinger aveva sospettato: tuttavia, mai,
si sarebbe aspettato tanto. Lo aveva intuito, già, da quelle
banconote. Erano accuratamente ripiegate in un fermaglio d’oro: non
potevano appartenere a uomini come lui o come il ceffo che aveva
fatto fuori. Loro, i soldi, o li spendevano subito o li tenevano
accartocciati nelle brache. E poi, il cappello, gli stivali erano da
damerini e ancora troppo nuovi: stridevano con il resto del vestiario
come un bicchiere di latte sul bancone di un saloon.
«Allora,
pa’. Com’è andata?» Dannatamente bene... eccessivamente bene.
Donnola lo sapeva benissimo e, nel suo intimo, era assai preoccupato.
«Quando
imparerai a valutare una refurtiva? Non lo vedi da te?» rispose con
il fiato spezzato per l’emozione. «E’ chiaro: il tipo e i suoi
compari hanno puntato in molto alto. Devono aver ripulito, la
famiglia di qualche pezzo grosso durante un viaggio. Guarda che
gioielli: mai visti diamanti così. E questa piccola rivoltella? Ha
decorazioni in oro massiccio e finiture in madreperla e avorio: è
deliziosa. Un’arma inutile, ma deliziosa: quel genere di gingilli
che piacciono tanto ai gentiluomini con la puzza sotto il naso.» Ci
sputò sopra e tentò di lustrarla con la manica lurida. «Ha persino
la retrocarica: guai a imbrattarsi le nobili manine con la polvere da
sparo! Il suo vecchio poprietario deve essersela fatta fare apposta
per lui.» continuò, esaminandola.
«Wow,
pa'! Ne avevo sentito parlare, ma non avevo mai visto una pistola che
puoi caricare con un unico gesto!»
«Frena
gli entusiasmi! La retrocarica è un'invenzione balorda che non
troverà mai impiego reale e che, mai, troverai in commercio. Se vuoi
sparare come si deve, devi essere tu ad armare la camera di scoppio.
Gingilli come questo, lasciamoli a chi, le pistole, non le usa. Per
quel che mi riguarda, questa qui non è diversa dalle collanine e dai
braccialetti della refurtiva: roba buona per essere scambiata con un
bel gruzzoletto, ma di certo, non per infilare del piombo su per le
chiappe di qualcuno.» Estrasse la sua pistola a canna lunga. La
portava infilata nei pantaloni, stretta tra il ventre prominente e il
cinturone. Quindi, la poggiò con vigore accanto all'altra più
piccola, come a volerla soverchiare. «Questa è un'arma. Mangia
polvere nera come una scrofa e caga piombo a pallottole da
quarantaquattro! Il progresso avanza e il mondo diventa sempre più
incomprensibile, ma di una cosa sono certo: tra i revolver, nulla
spara meglio di una Walker Colt e sarà così, anche tra cent'anni.
Poco, ma sicuro.»
Il
valore complessivo della refurtiva era assai cospicuo: molto di più
di quanto avesse mai posseduto. Pertanto, l'uomo era decisamente di
buon umore e, dopo aver dato un pizzicotto, nulla affatto delicato,
sulla guancia del figlio, scoppiò in una sonora risata.
«Finn,
prendi la Navy e portamela.» Il tono si fece serio, ponderato.
«Subito,
pa'!» "Lo sta facendo veramente?" pensò il ragazzo mentre
gliela porgeva con tutta la fondina di cuoio nero e lucido.
Hugg,
estrasse la rivoltella, la soppesò e se la rigirò nella mano.
Essendo una calibro trentasei, era una pistola di media potenza, ma
in quegli enormi palmi legnosi appariva quasi un'arma da borsetta.
«Sembra
fatta bene. E' un po' piccolina, poco più che un giocattolo, ma per
un moccioso come te, andrà benissimo.» disse, porgendola al figlio.
Lo fece non senza una certa riluttanza: non aveva alcuna intenzione
di usarla lui, tuttavia poteva farci qualche bigliettone
rivendendola, ma ora che disponeva di quel piccolo tesoro doveva
procurarsi qualcuno che gli guardasse le spalle. Non che si fidasse
granché del suo marmocchio, però era la persona verso la quale
provava meno diffidenza. E poi, era a buon mercato: tutto sommato lo
aveva implicitamente ingaggiato con una comune pistola e qualche
munizione.
«Grazie!
Ne farò buon uso. D'altra parte, ho avuto un ottimo maestro.» Non
che il suo vecchio avesse perso troppo tempo per insegnargli a
usarla, ma era da quando aveva memoria che lo osservava, mentre
ripuliva l'arma, o mentre la caricava o, soprattutto, quando sparava.
E Finn era un eccellente osservatore. Inoltre, qualche volta, suo
padre gli aveva permesso di esercitarsi con una vecchia Paterson
arrugginita che aveva trafugato dal cadavere di un militare. Aveva un
brutto gioco tra la canna e la testa del tamburo, ma tutto sommato
era pur sempre una pistola e per anni, era stato l'unico giocattolo
di cui aveva disposto. Ciò, fino quando aveva definitivamente smesso
di funzionare.
«Semmai
dovessi trovarmi con le spalle al muro: ricordati di quest'uomo.
Promettimi di non essere di memoria corta.» Se esisteva qualcuno in
tutto l'Ovest con una memoria d'acciaio, quello era Finn Badfinger.
Ogni cosa, sin nel più infimo particolare, era indelebilmente incisa
nella sua mente. No, la sua memoria era tutt'altro che corta e,
presto, glielo avrebbe dimostrato.
«Lo
prometto, pa'!» Donnola prese la pistola, la rimise nella fondina e
se l'assicurò al cinturone. Poi, con un gesto repentino la estrasse
fingendo di puntarla, la lanciò in aria, la riafferrò, la fece
ruotare su un dito e la rimise a posto con rapidità e destrezza. Il
premio per la sua esibizione, fu un violento ceffone: il giovane si
ritrovò a terra con la guancia gonfia e il labbro tumefatto.
«In
quale circo hai visto queste cretinate? Quando si estrae la pistola,
è per sparare e quando si spara, si spara. Punto. Vuoi essere un
pistolero o un giocoliere?»
«Scusa,
pa'.»
«Ma
quali scuse. Semplicemente, fallo un'altra volta e stai sicuro che mi
riprendo quel giocattolo, te lo infilo tra le chiappe e faccio
fuoco.» Non c'erano dubbi sul fatto che l'avrebbe fatto sul serio.
Hugg
tornò a esaminare o meglio, a rifarsi gli occhi con la refurtiva.
Bisbigliando tra sé e sé, si sforzava di fare due conti su quanto
avrebbe potuto ricavare e le somme che farfugliava erano in migliaia
di dollari. Lo sguardo gli si guastò quando si trovò a srotolare un
grosso foglio: odiava ciò che non comprendeva e non c'era nulla che
capisse meno di un documento pieno di scritte. Però, una cosa la
sapeva: i potenti riuscivano a fare miracoli esibendo pezzi di carta
come quello. Inoltre, vi erano su dei timbri assai familiari perché
molto simili ai disegni impressi sulle banconote. E le banconote
erano piccoli pezzi di carta dal grande valore, mentre il suo era un pezzo
di carta bello grosso.
Nel
vederlo, Donnola si preoccupò ulteriormente. Il padre aveva intuito
che l'uomo non avesse agito da solo, tuttavia preso dall'avidità,
aveva messo in secondo piano quel particolare rilevante. Se il tizio
prima non era solo e dopo sì, significava che, probabilmente, si era
intascato il meglio della refurtiva e se l'era data a gambe. Ma ciò
comportava, anche, che avesse i suoi ex-compari alle calcagna. Si
trattava di una banda di fuorilegge capace di assaltare la carrozza
di un pezzo grosso. Quel posto non era più sicuro: quindi, urgeva
riportare il discorso sull'argomento dei complici.
Tutto
sommato, il suo vecchio era un uomo arguto: se gli si dava un po' di
tempo, arrivava sempre a conclusioni sensate. La minaccia, però, era
imminente, inoltre quel bastardo bramoso che si ritrovava per
genitore, era totalmente inebriato dalle ricchezze e non sembrava
troppo lucido: era necessario un aiutino.
«Pa',
sai cos'è quel foglio?» esordì.
«No.
Ma potrebbe fruttare qualcosa.» Come poteva essere diversamente: se
era stato scelto e riposto tra i gioielli più preziosi, ci doveva
essere un motivo più che valido.
«Perché
prima, hai detto: "il tipo e i suoi compari"?»
«Smettila
di fare domande idiote: hai idea di quante guardie dispongano i
ricconi quando si mettono in viaggio? Pensi che il tizio le abbia
fatte fuori da solo?»
«Sì,
pa'. Ma ora gli altri dove saranno?»
«Che vuoi
che ne sappia? Per quel che mi riguarda, possono starsene tutti ad
ardere nell'inferno...» L'uomo si interruppe
di colpo, s'irrigidì e imprecò: «Per tutti i diavoli! Dobbiamo
svignarcela da qui!»
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